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- Entro il 2030, l'orbita terrestre potrebbe diventare inutilizzabile causa detriti.
- Un lancio di Falcon 9 emette 336 tonnellate di CO2.
- Nel 2024, le emissioni totali hanno superato i 3,7 milioni di tonnellate.
- La missione ClearSpace-1 rimuoverà un detrito nel 2025.
Un bilancio necessario
La space economy, con la sua incessante spinta verso l’innovazione tecnologica, sta vivendo una fase di espansione senza precedenti. Questa crescita, alimentata da obiettivi ambiziosi di esplorazione e sfruttamento dello spazio, vede l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) come uno dei principali motori, finanziando progetti e promuovendo lo sviluppo di nuove tecnologie. Tuttavia, mentre celebriamo i successi e le opportunità che si aprono, è cruciale interrogarsi sulla reale sostenibilità di questa corsa allo spazio. L’impatto ambientale delle attività spaziali europee è un problema concreto, complesso e in costante evoluzione, che merita un’analisi attenta e approfondita.
Uno studio recente pubblicato su Nature Astronomy mette in guardia sulla possibilità che, entro il 2030, l’orbita terrestre possa diventare inutilizzabile a causa dell’elevato numero di detriti spaziali. Si stima che oltre un milione di frammenti, di cui circa 50.000 con dimensioni superiori a 10 centimetri, viaggino a velocità elevatissime, creando un ambiente pericoloso per i satelliti e le future missioni. Basta una singola collisione per disintegrarne uno, scatenando una cascata di ulteriori impatti che renderebbe l’orbita impraticabile per decenni. Le ripercussioni sarebbero catastrofiche, minando non solo le missioni di lancio e i viaggi interplanetari, ma anche servizi vitali come le comunicazioni, il monitoraggio climatico, la localizzazione geografica e la gestione delle emergenze. Oltre ai detriti, anche i lanci spaziali contribuiscono in modo significativo all’inquinamento atmosferico. Ad esempio, una singola partenza del razzo Falcon 9 di SpaceX rilascia nell’atmosfera circa 336 tonnellate di CO2, una quantità equivalente a 395 voli intercontinentali. Nel 2023, sono stati registrati 98 lanci spaziali, mentre nel 2024 tale numero è salito a 131, con emissioni totali che hanno superato i 3,7 milioni di tonnellate annue.

Greenwashing nel settore spaziale: una sostenibilità di facciata?
La crescente consapevolezza delle problematiche ambientali ha spinto molte aziende del settore spaziale a promuovere iniziative “verdi”, ma è fondamentale valutare criticamente l’efficacia di queste misure e smascherare eventuali pratiche di greenwashing. Il greenwashing consiste nel presentare un’immagine ecologicamente responsabile di un’azienda o di un prodotto senza che vi siano reali cambiamenti nelle pratiche operative. È necessario distinguere tra iniziative genuine e operazioni di facciata, analizzando attentamente le misure di sostenibilità adottate dall’ESA e dalle aziende del settore.
L’Unione Europea ha avviato una consultazione sul primo regolamento ambientale del settore spaziale, un segnale importante che testimonia la crescente attenzione alla questione. Tuttavia, è essenziale che questo regolamento si traduca in azioni concrete e vincolanti, evitando che le promesse di sostenibilità rimangano solo sulla carta. Troppo spesso, il principio di responsabilità viene subordinato alla logica del profitto, e mancano obblighi internazionali per la deorbitazione controllata dei satelliti o per la rendicontazione delle emissioni.
È necessario un cambio di paradigma, che metta al centro la sostenibilità e la responsabilità ambientale. Le aziende del settore spaziale devono impegnarsi a ridurre il loro impatto ambientale, adottando pratiche più sostenibili e rendicontando in modo trasparente le proprie emissioni e attività. Solo così sarà possibile garantire che la space economy europea sia realmente sostenibile e non solo un’operazione di greenwashing.
La New Space Economy, caratterizzata dalla privatizzazione e dalla crescita accelerata, ha portato a una riduzione dei costi di accesso allo spazio, aprendo la strada a centinaia di missioni ogni anno. Tuttavia, questa espansione non è stata accompagnata da un quadro normativo adeguato, che introduca limiti alle emissioni, regoli i materiali impiegati nei lanci e uniformi la gestione del ciclo di vita dei satelliti. Il risultato è un’assenza di regolamentazione che favorisce un vero e proprio “far west”, dove operatori sia pubblici che privati agiscono senza vincoli ambientali comuni.
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Alternative ecologiche e tecnologie innovative: verso una space economy più verde
Fortunatamente, esistono alternative più sostenibili ai propellenti convenzionali e tecnologie innovative che possono contribuire a ridurre l’impatto ambientale delle attività spaziali. Propellenti come il metano liquido e l’ossigeno liquido sono meno inquinanti rispetto al cherosene e all’idrazina, e la ricerca si sta concentrando su tecnologie innovative come la propulsione elettrica e l’utilizzo di energia solare per alimentare i satelliti.
L’Università di Pisa, nell’ambito del progetto Ascension, sta studiando sistemi propulsivi compatibili con propellenti “verdi” come acqua ossigenata ad alte concentrazioni o protossido d’azoto. Questi propellenti, pur non essendo completamente privi di impatto ambientale, rappresentano un passo avanti significativo rispetto ai composti tradizionali, riducendo la tossicità e i rischi per la salute umana e l’ambiente.
Un’altra area cruciale è la rimozione attiva dei detriti spaziali. L’ESA ha commissionato a ClearSpace SA la prima missione al mondo per la rimozione di un detrito spaziale, ClearSpace-1, prevista per il 2025. Questa missione avrà il compito di catturare e rimuovere un adattatore Vespa, utilizzato in un precedente lancio di Vega. La missione ClearSpace-1 utilizzerà tecnologie avanzate di guida, navigazione e controllo, basate sull’intelligenza artificiale, per avvicinarsi all’obiettivo in modo sicuro e autonomo. Un quartetto di bracci robotici catturerà l’obiettivo e lo trascinerà nell’atmosfera terrestre, dove entrambi bruceranno.
Oltre alla rimozione attiva dei detriti, anche la progettazione di satelliti più sostenibili e la promozione del riutilizzo dei componenti spaziali possono contribuire a ridurre l’impatto ambientale della space economy. L’ESA sta promuovendo lo sviluppo di standard tecnici per ridurre l’impatto e favorire il riutilizzo, ma è necessario che queste misure diventino obbligatorie e che siano adottate da tutti gli operatori del settore.
Oltre l’orizzonte: la sfida di una space economy realmente sostenibile
La space economy europea si trova di fronte a una sfida cruciale: conciliare la crescita e l’innovazione con la sostenibilità ambientale. Non si tratta solo di adottare tecnologie più pulite o di rimuovere i detriti spaziali, ma di ripensare l’intero modello di sviluppo del settore, mettendo al centro la responsabilità e la trasparenza.
È necessario un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle aziende e dei cittadini per garantire che la space economy europea sia realmente sostenibile e che contribuisca a un futuro più prospero e rispettoso dell’ambiente. Questo significa investire nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie innovative, promuovere la cooperazione internazionale, adottare standard ambientali rigorosi e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della sostenibilità nello spazio.
Solo così potremo evitare che la space economy diventi un’ennesima fonte di inquinamento e degrado ambientale, e potremo sfruttare appieno il suo potenziale per migliorare la vita sulla Terra e per esplorare l’universo in modo responsabile.
Ehi, amico! Hai presente quando si parla di space economy? Magari ti sembra una cosa lontana, ma in realtà è molto più vicina di quanto pensi. Pensa, ad esempio, a tutti i satelliti che ci permettono di avere il Gps sul telefono o di guardare la tv. Ecco, quelli fanno parte della space economy!
Ma la space economy non è solo questo. È anche ricerca, innovazione, nuove tecnologie che possono aiutarci a risolvere i problemi sulla Terra, come il cambiamento climatico o la scarsità di risorse. E, come abbiamo visto, è anche un settore che deve fare i conti con il suo impatto ambientale.
Un concetto un po’ più avanzato, ma molto importante, è quello della circular economy nello spazio. Cosa significa? In pratica, si tratta di ridurre al minimo gli sprechi e di riutilizzare il più possibile i materiali e i componenti spaziali. Ad esempio, si potrebbe pensare di riparare i satelliti in orbita invece di lanciarne di nuovi, o di riciclare i detriti spaziali per creare nuovi oggetti.
La space economy è un settore in continua evoluzione, pieno di opportunità e sfide. Sta a noi, come cittadini e come società, fare in modo che questa crescita sia sostenibile e che porti benefici a tutti, non solo a pochi. Cosa ne pensi?
- Iniziative ESA per il monitoraggio ambientale e la sicurezza del territorio.
- Pagina dell'ESA dedicata ai detriti spaziali, approfondimento sulle iniziative e progetti.
- Pagina dell'ESA dedicata ai detriti spaziali, cruciale per approfondire il problema.
- Dettagli sulla consultazione europea sull'impatto ambientale delle attività spaziali.








