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- Plutone perde 1.3 kg di metano al secondo.
- Temperatura minima: -203 °C nella mesosfera.
- Anno di Plutone: circa 248 anni terrestri.
L’atmosfera di Plutone continua a svelare i suoi misteri, grazie alle recenti osservazioni del telescopio spaziale James Webb (JWST). Una sottile foschia, sospesa nell’alta atmosfera del pianeta nano, si è rivelata un elemento cruciale nel plasmare le sue condizioni atmosferiche estreme. Questa bruma quasi impercettibile non solo è fondamentale per il drastico raffreddamento dell’atmosfera di Plutone, ma avvia anche un processo unico nel nostro sistema solare: la dispersione di molecole che raggiungono la sua luna Caronte.
La Scoperta e l’Ipotesi Iniziale
Tutto è iniziato con un’ipotesi avanzata nel 2017 dal planetologo Xi Zhang dell’Università della California. Zhang, analizzando le anomalie termiche rilevate dalla sonda New Horizons della NASA, cercava di spiegare l’instabilità dell’atmosfera di Plutone, sebbene estremamente sottile. Dai dati emerse che il pianeta disperdeva circa 1,3 chilogrammi di metano al secondo, di cui una frazione (il 2,5%) veniva poi intercettata da Caronte, contribuendo a tingere di rosso i suoi poli con composti organici complessi.
Secondo l’ipotesi di Zhang, la causa principale di questo fenomeno risiedeva in una bruma stratificata, formata da particelle finissime in sospensione. Sebbene assorbano la radiazione solare ultravioletta, queste particelle erano in grado di trasferire energia alle molecole gassose circostanti, fornendo loro la spinta necessaria per superare la debole gravità di Plutone e disperdersi nello spazio. Tuttavia, un tale meccanismo avrebbe anche un impatto opposto: causerebbe un raffreddamento della mesosfera, la regione in cui le temperature precipitano da circa -163 °C fino a -203 °C. Nonostante l’ipotesi, la reale esistenza di tale bruma era rimasta, per lungo tempo, solamente una congettura.
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Convalida dal James Webb Space Telescope
La svolta decisiva è stata ottenuta grazie al JWST, dotato del sofisticato strumento MIRI (Mid-Infrared Instrument) e di un imponente specchio da 6,5 metri. Questo dispositivo è stato in grado di distinguere chiaramente tra Plutone e Caronte, permettendo al team guidato da Tanguy Bertrand dell’Observatoire de Paris di identificare le emissioni termiche nella gamma del medio infrarosso, segno inequivocabile della foschia ipotizzata da Zhang. Bertrand ha definito questa bruma come costituita da aerosol solidi che fluttuano negli alti strati atmosferici, in grado di diffondere la luce e diminuire la visibilità, generando così un alone traslucido. L’atmosfera di Plutone è costituita prevalentemente da azoto, con la presenza di minime quantità di metano, anidride carbonica e idrocarburi quali benzene e cianuro di idrogeno. Quest’ultima presenta una pressione superficiale eccezionalmente ridotta (13 microbar), corrispondente a un milionesimo di quella terrestre. Questa condizione, unitamente alla sua modesta gravità, permette a numerose molecole di disperdersi anche con energie molto basse.

La Duplice Funzione della Bruma e i Suoi Effetti Climatici
Un elemento di notevole interesse è la doppia capacità della bruma di riscaldare o raffreddare, a seconda delle sue caratteristiche fisiche. Gli studiosi sono ora impegnati nel tentativo di modellare questo comportamento tramite sofisticate simulazioni microfisiche. Questo bilancio energetico incide in modo significativo sulle condizioni atmosferiche e persino sul “clima” del pianeta, caratterizzato dai cicli di sublimazione e condensazione di gas quali metano e azoto.
La bruma individuata dal James Webb è composta da aerosol solidi presenti negli strati più elevati dell’atmosfera di Plutone, in particolare nella mesosfera, situata tra i 20 e i 40 km di altezza. In questa zona, le temperature toccano un valore minimo di -203 °C, presentando un gradiente di raffreddamento pari a 0.2 °C per km. Le rilevazioni effettuate dalla sonda New Horizons avevano precedentemente evidenziato un disequilibrio energetico, con un apporto di calore superiore alle previsioni. La presenza della bruma scioglie questo enigma. La sua abilità di irradiare calore nel medio infrarosso controbilancia l’energia in eccesso, ripristinando così l’equilibrio nel bilancio radiativo.
Le particelle nebulose assorbono la potente radiazione ultravioletta solare, trasferendo poi tale energia alle molecole circostanti, specialmente al metano, che di conseguenza viene lanciato nello spazio che circonda il pianeta. Si stima che l’atmosfera perda circa 1.3 kg di metano al secondo. Approssimativamente il 25% di questo gas viene intercettato da Caronte, dove reagisce con la superficie ghiacciata creando i composti organici che conferiscono la colorazione rossa ai poli del satellite.
Singolarità del Sistema e Prospettive
Al momento, questo costituisce l’unico esempio noto nel Sistema Solare in cui l’involucro gassoso di un corpo celeste si trasferisce direttamente su un altro. La sua azione combinata di riscaldamento e raffreddamento regola la circolazione atmosferica, l’andamento delle temperature stagionali e i cicli di sublimazione e condensazione per metano, azoto e monossido di carbonio.
L’alternanza tra il riscaldamento e il raffreddamento, promossa da questa bruma, influisce sulla dinamica dei flussi atmosferici, sull’evoluzione termica stagionale e sui processi di evaporazione e solidificazione di metano, azoto e ossido di carbonio.
Plutone, infatti, possiede un’orbita marcatamente eccentrica che causa fluttuazioni estreme nella quantità di radiazione solare assorbita durante il suo anno, che ha una durata di circa 248 anni terrestri. Pertanto, l’impatto della bruma potrebbe subire notevoli variazioni tra le diverse stagioni. Sotto il profilo astrochimico, le similitudini con Titano e con la Terra primordiale risultano di particolare importanza. Lo studio della composizione e dell’evoluzione della bruma di Plutone potrebbe, perciò, fornire indicazioni preziose non solo per la climatologia dei mondi ghiacciati nel Sistema Solare esterno, ma anche per ricostruire l’evoluzione atmosferica del nostro pianeta in ere lontane.
Implicazioni per la Space Economy: Un Ponte tra Ricerca e Innovazione
Amici appassionati di spazio, la scoperta della foschia su Plutone e il suo ruolo nel trasferimento di molecole a Caronte non è solo una curiosità astronomica, ma un tassello fondamentale per comprendere meglio i processi atmosferici e chimici che avvengono in ambienti estremi. Questa conoscenza ha implicazioni dirette nella space economy, in particolare nello sviluppo di tecnologie per l’esplorazione spaziale e la protezione delle risorse.
Una nozione base di space economy applicabile a questo tema è la valorizzazione dei dati scientifici. Le missioni spaziali come New Horizons e le osservazioni del JWST generano una quantità enorme di dati che, una volta analizzati e interpretati, possono portare a scoperte rivoluzionarie. Questi dati non sono solo utili per la ricerca scientifica, ma anche per lo sviluppo di nuovi materiali, sensori e sistemi di propulsione più efficienti.
Una nozione avanzata riguarda invece la simulazione di ambienti extraterrestri. Comprendere la composizione e la dinamica dell’atmosfera di Plutone ci permette di creare modelli sempre più accurati per simulare le condizioni ambientali di altri corpi celesti. Questi modelli sono essenziali per progettare missioni spaziali più sicure ed efficienti, e per sviluppare tecnologie in grado di resistere alle condizioni estreme dello spazio.
La scoperta della foschia su Plutone ci invita a riflettere sull’importanza della ricerca scientifica di base come motore di innovazione e crescita economica. Investire nella space economy significa investire nel futuro, creando nuove opportunità di lavoro e migliorando la nostra comprensione dell’universo che ci circonda.